La riforma della legittima difesa. Il Senato ha approvato. Un commento a caldo di Michele Di Lieto*.

Il giudice Michele Di Lieto, che ha deciso di collaborare alla nostra testata, ci manda questa nota, che segue di poco l’approvazione della riforma della legittima difesa, ed è quindi estremamente attuale. Michele Di Lieto si oppone a quanti considerano la nuova legge “inutile”, tamquam non esset. Per Michele Di Lieto la nuova legge, voluta da Salvini, è una vera legge, largamente innovativa, ed è una legge di “destra”, varata in un clima di restaurazione destinato a mutare in radice i principi stessi dell’ordinamento.
La riforma è una legge che restringe i limiti di applicabilità della scriminante: riduce quindi i poteri del giudice, non più libero di valutare caso per caso, e di adeguare la pena al caso concreto (la proporzione tra difesa e offesa è “sempre” riconosciuta, e la punibilità è “sempre” esclusa se l’offeso ha reagito in stato di “grave turbamento”).

Legittima difesa: la riforma riduce i poteri del giudice, non più libero di valutare caso per caso

Il Senato ha dato il via libera alla legge che riforma la legittima difesa, di cui tanto si è parlato. Non sapevo che la riforma era prevista nel “contratto” che ha dato vita al governo Salvini Di Maio. Se è così, non c’è da meravigliarsi che la legge sia stata approvata col contributo determinante dei penta stellati. E’ l’ultimo (in ordine di tempo) provvedimento carpito da Salvini, che del famoso “contratto” sembra avere attuato solo ciò che gli interessa, e nei tempi voluti, in modo da realizzare anche le sue esigenze di propaganda (le elezioni europee alle porte). Che la riforma della legittima difesa fosse una riforma voluta da Salvini non è dubbio alcuno. Se n’è accorto da ultimo lo stesso Di Maio che non si è sperticato in elogi (“Non entusiasma”). Che la riforma fosse una riforma di “destra” neppure è dubbio, se Salvini è di “destra” e tutte le cose che fa sono di “destra”. E lo saranno ancor più se, come tutti prevedono, Salvini sarà il nuovo Capo del governo (lo è già con Di Maio ridotto com’è). Ora, che Salvini, generalmente visto come uomo di destra, possa attuare un programma di “destra”, non deve meravigliare: ma perché questo si verifichi legalmente occorre che la gente (e sono tanti a vedere in Salvini l’uomo della Provvidenza) voti per lui (e non escludo che Salvini, fortunato com’è, raccolga tanti suffragi, secondo previsioni e secondo sondaggi). Quello che mi meraviglia è che questo programma di “destra” sia largamente anticipato con l’assenso di Di Maio. Al quale non sarà mai rimproverato abbastanza di aver fatto una politica “salva poltrone”, di avere rinunciato alla propria identità e alle proprie idee, e di non avere inseguito i voti di chi solo diceva: basta, portando il Movimento a un vero tracollo (perdita di voti attorno al 50%: dove più dove meno). Insomma: che Salvini, votato dalla folla, possa da solo o in compagnia attuare una politica di “destra” non mi fa meraviglia; mi fa meraviglia che Salvini possa trovare la strada spianata con provvedimenti varati assieme a Di Maio che non era di “destra” (e neppure è di “sinistra”, ma conserva comunque in Parlamento una maggioranza che Salvini non ha). E qui torniamo alla legittima difesa. Prima però voglio chiarire che significa per me legittima difesa come provvedimento di “destra”: anche perché non tutto ciò che fa Salvini tiene scritto in fronte: di destra. Il caso della legittima difesa è significativo. Apparentemente, la riforma è una legge che restringe i limiti di applicabilità della scriminante: riduce quindi i poteri del giudice, non più libero di valutare caso per caso, e di adeguare la pena al caso concreto (la proporzione tra difesa e offesa è “sempre” riconosciuta, e la punibilità è “sempre” esclusa se l’offeso ha reagito in stato di “grave turbamento”). Nulla di sconvolgente: non è la prima volta che il legislatore intervenga a diminuire o ad aggravare una pena, e restringa o aumenti i poteri del giudice. Ma se la riforma della legittima difesa si accompagna a una modifica (già attuata) della disciplina della prescrizione, a una riforma (già in cantiere) della disciplina delle attenuanti generiche, se la riforma approvata si accompagna al coro di voci che considera eccessivi i poteri del giudice nell’applicazione della pena, e si accompagna alle critiche feroci (al limite dell’offesa personale) alle sentenze dei giudici che, applicando le generiche, si sono limitati ad applicare norme esistenti, non inventate, sarà più facile capire che intendo dire quando parlo di riforma di destra, come di una riforma che si inserisce in un disegno complessivo, in un coro da laudatio temporis acti, in un clima di restaurazione non solo italiano, che passo dopo passo, pietra dopo pietra (e col contributo determinante di Di Maio), sta sconvolgendo i principi stessi dell’ordinamento. Col che, ed ho finito, dovrebbe anche essere chiaro che non sono d’accordo con quanti, soprattutto fra i magistrati, ritengono la riforma “inutile” anche se “pericolosa”, e con quanti, anche fra gli avvocati, ritengono invariate le facoltà del magistrato. Secondo me, la riforma voluta dalla Lega, che ne aveva fatto una bandiera, è largamente innovativa. Se così non fosse, non si spiegherebbe l’esultanza di Salvini (“è un giorno bellissimo”) e dei suoi parlamentari che per poco non hanno brindato all’atto dell’approvazione definitiva (e non vale che non fosse presente in Senato alcun ministro dei grillini, se poi il Movimento ha votato in massa per Salvini). E qui veniamo (finalmente) alle nuove norme sulla legittima difesa. Il fulcro della disciplina, lo abbiamo accennato, sta nella presunzione di legittima difesa, che deve ritenersi esistente, quindi presunta, ogni qualvolta chi si difende nella propria abitazione utilizzi un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo di difesa a tutela della propria o altrui incolumità o dei beni propri o altrui. E nella presunzione, anch’essa assoluta, che sussiste “sempre” legittima difesa se chi ha reagito lo ha fatto in stato di “grave turbamento”. Ne viene alterata la legittima difesa, quella che noi conosciamo, art. 52 nella vecchia formulazione: né vale sostenere, per considerare “inutile” la norma, che il primo comma sia rimasto intatto. E’ quel “sempre”, introdotto nel secondo comma dell’art. 52, che vincola l’interprete, e toglie al giudice qualsiasi possibilità di distinguere caso per caso. La cosa appare ancora più evidente con l’art. 2 della legge di riforma che, praticamente, elimina l’eccesso colposo di legittima difesa, escludendo la punibilità di chi ha reagito non solo nei casi che prima venivano considerati rilevanti sotto tale profilo, ma anche e più semplicemente nel caso di “grave turbamento” di chi ha reagito (e già qualcuno si lamenta per quel “grave” che qualche giudice, sempre il giudice ma dovrebbe essere un pazzo, potrebbe ampliare a dismisura). Questa dunque la legge di riforma che non mi pare si possa minimizzare. Sotto il profilo formale, la disciplina, che estende il concetto di legittima difesa, e sminuisce i poteri del giudice (di ricostruzione del fatto e di applicazione della pena), a me sembra ben fatta, e non vedo come si possa considerarla “inutile”. Che se dovesse ledere principi costituzionali, si dica quali, senza rifugiarsi in formule di stile: e tale mi sembra il richiamo fin troppo generico all’art. 3 della Carta (a parte che ci vorranno anni perché la questione sia portata, se verrà portata, all’esame della Corte). Che se dovesse presentare dei pericoli, questi esistono, e non fanno che confermare quel profilo di “destra” segnalato più innanzi. Primo: non par dubbio che la disciplina favorisca un mercato delle armi, da detenere e usare senza rischi, quale prima non si era mai sognato (anche per un certo tipo di avversione culturale che albergava in ciascuno di noi): che questo favorisca (obiettivamente, non soggettivamente) una determinata categoria di imprenditori e una diversa cultura dell’arma come mezzo di offesa non punibile, neppure mi sembra dubbio. Secondo: la legittima difesa allargata, unita alla non giustificata compressione dei poteri del giudice, favorisce la cultura della giustizia fai da te, in contrasto con quanto si era finora insegnato: essere la difesa del cittadino un compito dello Stato, non del privato. E lo Stato è quello che noi abbiamo costruito, uno stato democratico, nato dalle ceneri del fascismo, non uno stato del Capo, né uno stato che, non sapendo che fare, delega al privato le sue funzioni. Terzo. La disciplina che liberalizza (e ancor più liberalizzerà) l’uso delle armi può provocare non una diminuzione, ma un aumento della violenza. I fautori della riforma sperano che ladri e rapinatori si astengano dal violare il domicilio altrui, quando sanno di potersi trovare di fronte a persona armata e che delle proprie armi faccia uso. Io sono molto più scettico. Credo che furto e rapina abbiano radice in fenomeni che nulla hanno a che vedere con la paura delle armi. Parlo naturalmente delle condizioni sociali in cui alberga la mala vita: fino a che queste non saranno mutate, non ci sarà neppure una variazione di furti e rapine. Col che ho finito, mia intenzione essendo quella di limitare l’esame alla legittima difesa, senza toccare altri aspetti pure interessanti della normativa. Dirò una sola cosa, a proposito dell’incremento di pena introdotto dalla stessa legge per alcuni delitti. Di questo incremento non sento altro che elogi. Mi chiedo: ma ci voleva proprio la riforma della legittima difesa per introdurre questi incrementi di pena? ci voleva proprio Salvini? Ho finito.


*Michele Di Lieto, magistrato di appello in pensione, autore di romanzi e di libri