Lettera aperta ad un avvocato di Palermo. Dopo il “terremoto”, una riflessione: si può ipotizzare che “da Palermo a Trieste”, passando per Roma: la Politica, l’Avvocatura e la Magistratura stessa, rinuncino ai loro piccoli privilegi, che hanno messo in discussione e minato: la democrazia e la libertà di un popolo?

 

Avvocati -Magistrati: può essere la GIUSTIZIA l’origine di tutti i mali italiani? Giustizia malata: cambierà qualcosa, dopo che è saltato il coperchio? “ La Giustizia ”: un progetto “da Palermo a Trieste” (passando per Roma). La Politica, l’Avvocatura e la Magistratura, con regole nuove e rispetto reciproco, potrebbero dare davvero una svolta storica al nostro Paese?

L’Avvocato Antonio Scalone da Palermo scrive:

  • Al dott. Nicola Nigro

    Scalone
  • Direttore de “il Sud” – Mezzogiorno d’Italia
  • Giornale IL SUD info@giornaleilsud.com
Immordino

Casualmente, sono entrato nel sito del  giornale da lei diretto, che si  occupa   anche di GIUSTIZIA (http://www.giornaleilsud.com/category/giornale-il-sud/), con un inserto, denominato proprio “ la Giustizia”, organo dell’Avvocatura di Salerno. Sempre collegato ai suoi rifeirmenti, ho trovato il sito dell’Unione Paneuropea dei Giuristi (http://unionepaneuropeadeigiuristi.net/). In entrambi i casi, sono rimasto piacevolmente attratto, proprio perché le problematiche che ho letto sui due siti sonomolto simili a quelle che viviamo qui a Palermo, prima e all’epoca del coronavirus. Non mi soffermo molto, in merito, perché la tematica è ben affrontata dalle associazioni forensi ed anche da Giovanni Immordino, Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Palermo, che, con la sua dichiarazione, ha ben reso l’idea del disastro in cui versa la GIUSTIZIA, nel capoluogo siciliano. Pertanto, in allegato, trova i documenti richiamati. Intanto, colgo l’occasione per chiederle, tenuto conto della sua esperienza, se è disposto a darci una mano in questa battaglia che, come vedo, non riguarda solo la mia città, ma tutta l’Avvocatura italiana. Grazie dell’attenzione, con cordialità

Avv. Antonio Scalone

Questa riflessione è un po’ lunga, ma mi consente di dire la mia, anche correndo il rischio di non essere letto.

Da sinistra: Mattarella, Bonafede

Ormai, i principali protagonisti della società italiana, ad incominciare dal Presidente della Repubblica MATTARELLA, il ministro della Giustizia, on. Alfonso BONAFEDE, e tanti altri, che hanno a cuore la democrazia e la giustizia ( lo si può rilevare leggendo scritti di magistrati come Michele Di Lieto, Vitaliano Esposito, Claudio Tringali che, dopo aver  esercitato la giurisdizione con passione) ed etica, adesso si godono la pensione nell’affetto dei familiari, 

Da sinistra: Di Lieto, Esposito, Tringali

degli amici e dei cittadini, senza far venire meno il loro contributo di idee e ragionevolezza), sono convinti che, per eliminare davvero il malcostume del cosiddetto “mercato delle toghe” e ripristinare l’ETICA, occorrerebbe partire dall’autogoverno del CSM e dall’indicazione degli incarichi di vertice. Certo, non è facile trovare una via obiettiva, seguendo la quale si possano scegliere i migliori, dopo lo spettacolo cui abbiamo assistito in questi ultimi tempi. Mi sono spesso chiesto: e se si adottasse il “metodo PERICLE”, con qualche variante?

Per scegliere i rappresentanti del popolo, egli usò il curriculum. Siccome in quell’occasione ne erano arrivati 1500, per un’assemblea composta da 500, la scelta fu affidata ad un sorteggio. A chi dei suoi allievi espresse la sua perplessità, nell’affidarsi alla sorte per un compito così delicato, la risposta  dell’uomo politico ateniese  fu: “ Ma tu dimentichi che abbiamo chiesto il  curriculum con regole ferree e caratteristiche ben definite”?

Ermini

Ciò mi porta alla mente che il CSM (attuale Vice Presidente Avv. David Ermini) potrebbe chiedere di candidarsi solo a coloro che hanno un curriculum inattaccabile, procedendo poi ad un sorteggio tra gli idonei a rivestire l’incarico.

Questo elenco di eletti potrebbe essere utilizzato sia  per il gruppo del primo mandato, che per quello del secondo. Una Giustizia “malata” aspetta una mossa,  per spingere ad elaborare un nuovo Progetto che vada  “da  Palermo a Trieste”, passando per Roma, con il contributo della Politica, dell’Avvocatura ed ovviamente della Magistratura.

  • Regole nuove, semplici e trasparenti, per una svolta storica  della società italiana.
  • Si è capaci di mettere da parte gli egoismi individuali e le oligarchie, per far prevalere gli interessi dell’intera società?

Egregio Avvocato Scalone,

Nigro

premesso che sono ben disponibile a dare una mano,  prima dell’avvio di un discorso di collaborazione, è giusto che il sottoscritto si presenti, e lo faccia qui di seguito, con qualche riflessione che può, o meno, dare il via ad un PROGETTO che contenga i giusti “catalizzatori”,  per una svolta non solo nella GIUSTIZIA, ma nell’intera società italiana, visto che essa   ne è il cardine. Penso che PALERMO possa essere un punto di partenza, tenendo anche presente  la storia.

Effettivamente, le cose che lei dice sono scritte nei documenti che mi ha inviato e rappresentano la realtà di un pezzo d’Italia che funziona male, anzi malissimo. A conti fatti, è l’Italia intera che funziona male.

E i CITTADINI? Sono lì con i sintomi di stanchezza ed apatia, aspettando sempre tempi migliori; salvo, poi, avere un soprassalto, quando finiscono, individualmente, nel “tritacarne della giustizia”. Mentre, come dite voi, in Sicilia, alcuni “signori” del diritto, dal canto loro, se ne “strafottono”. Quindi, non  meraviglia che un’udienza venga rinviata da un anno ad un altro, senza batter ciglio.

Da sinistra: Falcone, Borsellino

La “minoranza della magistratura”  ha dettato le regole per l’intero apparato, approfittando della debolezza delle istituzioni, della politica e, perché no, dell’avvocatura e della stragrande maggioranza degli stessi giudici (qualcuno, in passato, ha ipotizzato l’esistenza di un gruppo oligarchico, che si rinnova di volta in  volta, composto da non più di 400/500 magistrati che hanno sempre tenuto in scacco oltre 8.500 colleghi ed  un intero Paese). In merito, se si ragiona, nel corso degli anni, c’è stato un vero e proprio stravolgimento delle carriere di taluni magistrati davvero impegnati, soprattutto sulla criminalità organizzata, ad incominciare da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, che purtroppo venivano “quotidianamente massacrati” e tenuti continuamente sotto tensione. Spesso, si cercava anche di disarticolare il loro lavoro, per cui, la loro percezione era che si dovevano guardare sia dai nemici esterni che da quelli interni.

Cantone

La riprova  è di questi giorni: al peggio non c’è mai fine. Mi riferisco alla polemica esplosa tra correnti, per la nomina alla procura di Perugia del dott. Raffaele CANTONE. Qualcuno si chiederà: perché tanto clamore, per una nomina in una piccola Procura? Risposta: è la Procura che si occupa del cosiddetto “porto delle nebbie” e la fama di Cantone, persona preparata, perbene ed eticamente ben fornito, fa paura a qualcuno che comanda, cioè il gruppo oligarchico che è ancora lì e spera sempre di recuperare, così come ha fatto negli anni passati. Tutto questo mi chiama alla mente anche l’iniziativa dell’allora Procuratore Generale della Cassazione, dott. Vitaliano Esposito, che cercò di capirci qualcosa di un altro  “terremoto”,  sempre tra magistrati, tra la Procura di Salerno e quella di Catanzaro. Anche in quel caso il CSM non brillò nel fare chiarezza sull’istaurazione dei privilegi di categoria a discapito del principio dell’eguaglianza dei cittadini e del loro Stato di Diritto.

Sono in molti a teorizzare che è la GIUSTIZIA la vera “palla al piede” della società italiana;  non a caso i riferimenti sono legati all’organizzazione, alla tempistica ed alla produttività della magistratura che rende il nostro Paese debole ed ingovernabile, perché è da essa che dipendono tutti i riferimenti sociali e produttivi, come la realizzazione di un’opera pubblica, infrastrutture primarie e secondarie che, se finissero sotto sequestro, correrebbero il rischio di restare ferme per anni ed anni. Ciò significa che il lavoro della magistratura potrebbe rappresentare  il vero  “volano” del Paese. A tutto questo si aggiunga, spesso, una burocrazia asfissiante ed un management mediocre. Ecco che la “frittata” è fatta. Quello che è scritto nei documenti sicuramente è sovrapponibile a molte altre realtà italiane, come dicevo sopra. Questa mia convinzione scaturisce anche da ciò che è la realtà quotidiana dei Tribunali: un vero e proprio “dissesto” economico ed organizzativo.

Masi
Incutti
Da sinistra: Montera, Sica

Penso che, per poter dare una svolta, occorra creare una forza, non solo con gli avvocati siciliani, ma anche con il coinvolgimento di tutta l’Avvocatura italiana, ad incominciare dal Consiglio Nazionale Forense e del suo Presidente F.F., avv. Maria Masi. Parafrasando Manzoni, la Sicilia potrebbe essere la scintilla di una nuova rivoluzione che parta nondall’Alpi alle Piramidi, ma da PALERMO a  TRIESTE, avendo come guida la GIUSTIZIA. Salerno ha fatto da apripista, prima con la creazione delle Camere Penali, con il fattivo contributo dell’avv. Dario Incutti e poi con il rilancio della rivista “la GIUSTIZIA”, organo dell’Ordine degli avvocati  di questa città, dell’allora Presidente avv. Amerigo  Montera e Direttore Avv. Silverio Sica, in collaborazione con il giornale  “ il Sud”.  Quindi, caro avvocato, penso che l’Avvocatura palermitana potrebbe attrezzare una piattaforma, costituita da una fotografia della realtà e nel contempo suggerire  giuste soluzioni.

Qui potrebbe avere un ruolo importante  il Consiglio ed il suo Presidente, Avv. Giovanni Immordino, proprio in virtù  dell’analisi della profonda crisi, delineata nei documenti che mi ha inviato. In una seconda battuta, poi, sarebbe auspicabile sollecitare un dibattito in tutt’Italia, come richiamavo sopra.

Da sinistra: Caiazza, Veneto
Da sinistra: Loi, Sciancalepore, Fasolino

Il confronto dovrebbe essere aperto a tutte le forze vive della nostra società. Ovviamente, questo significa darsi strumenti e punti di riferimenti, quantomeno in tutte le Regione d’Italia. Ricordo che il giornale cartaceo “il Sud” + “la  Giustizia” veniva inviato al domicilio, o in ufficio, di oltre 10 mila operatori della del settore. Questo consentì di aprire un confronto molto forte e serrato in tutta Italia, con  convegni, iniziative culturali e giuridiche, soprattutto con il contributo dell’Unione  delle Camere Penali Italiane, il cui presidente del Consiglio è l’avv. Armando Veneto, mentre della giunta è l’avv. Gian Domenico Caiazza. Ma, soprattutto, gli avvocati incominciarono a prendere coscienza della loro grande forza ( parliamo di oltre 250 mila iscritti), una forza imponente anche rispetto alla magistratura (circa 9 mila esponenti). In questo dibattito furono coinvolte anche le Università, ad incominciare da quella di Salerno di cui l’attuale Rettore è il prof. Vincenzo Loi, la cui facoltà di Giurisprudenza, oggi, è presieduta e  diretta dal prof. Giovanni Sciancalepore, mentre il Presidente del Consiglio Didattico è il prof. Francesco Fasolino. Questo diffondersi di idee, in un paio d’anni, creò un interessante dibattito e provocò  anche grossi malumori, perché venivano denunciati fatti e misfatti. Qualcuno, con un pò di malignità, parlava di toghe rosse, toghe nere o toghe grigie, a seconda del punto di vista o del “pulpito”. Il fatto vero fu che i dirigenti non potevano sottacere “fatti accaduti”, perché il giornale, puntualmente, arrivava sulle loro scrivanie. Furono non pochi i magistrati che non vedevano di buon occhio gli interventi dei loro stessi colleghi. Questo giovò molto all’Avvocatura che poté mettere a fuoco le carenze dovute, spesso, ad una cattiva gestione del gruppo dirigente; ma non solo. Questo diede vita a veri e propri “processi” di “disinnesco” della politica, dalla sudditanza verso la magistratura. Il numero del giornale di dicembre 2013 (http://www.giornaleilsud.com/wp-content/uploads/2013/12/il-sud-_la-giustizia_dic.-2013.pdf) fu molto criticato, proprio da chi voleva che nessuno mettesse “becco” in certi fatti. Secondo qualcuno, le cose vanno meglio se  nessuno vede, nessuno sente, nessuno parla. Eppure  le inefficienze e le malefatte erano e sono sotto gli occhi di tutti. Mi sono sempre chiesto: perché in Italia c’è tanta burocrazia? Perché tanta inefficienza e carenza di mezzi? Perché le cose semplici si trasformano in complicate? Comunque per la nostra Italia non sono fatti solo di adesso.

Vanoni

Leggevo qualche tempo fa che il ministro delle Finanze, Ezio Vanoni, quando si insediò, trovò gli uffici “miserevoli”: “pochissimi uffici avevano il telefono; molti non avevano macchine da scrivere né da calcolo e, quando vi erano, si scopriva che erano state date in prestito da qualche ditta locale o da qualche associazione di operatori economici”. Ovviamente quelle ditte potevano anche sentirsi di “famiglia”, con conseguenze non sempre ortodosse o normali. Diceva un personaggio della vecchia politica: “A pensare male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca”. Quindi, ci portiamo dietro questo retaggio che, oggi, è diventato insopportabile: circa 200 mila leggi e norme, spesso inutili, fanno comodo solo alla burocrazia ed al malaffare.

Notaristefani

I giornali, le agenzie e i siti d’informazione, continuamente, denunciano o pubblicano cose che fanno davvero arrabbiare o inorridire. Qualche tempo fa, leggevo un articolo pubblicato dall’agenzia del Gruppo Adnkronos, di cui riporto uno stralcio: “Giustizia e burocrazia, conto da 40 miliardi per le imprese – La giustizia in Italia tiene in scacco le imprese: lentezza delle indagini, burocrazia e inefficienze costano circa 40 miliardi di euro, pari a 2,5 punti di Pil. L’incertezza dei tempi processuali si traduce in meno investimenti esteri e in una perdita di 130mila posti di lavoro, secondo l’ultimo studio Cer-Eures. Il dedalo di norme e i ricorsi nelle aule dei tribunali rappresentano un freno alla capacità imprenditoriale e allo sviluppo economico del Paese. Rivolgersi a un giudice del Tar (da quanto ne so esistono solo in Italia) è diventata la regola più che l’eccezione. Sequestri preventivi e stop agli impianti si trasformano, talvolta, nell’anticamera del fallimento, eppure le inchieste giudiziarie possono chiudersi dopo anni con la piena assoluzione. In Italia, in media, ci vogliono 991 giorni per arrivare a una sentenza nel settore del civile: oltre il doppio di Spagna (510), Germania (429) e Francia (395). Profonde le differenze lungo la Penisola: la distanza regionale sfiora i 1.300 giorni, protagoniste Piemonte (543) e Campania (1.813); tra province il gap è quasi di 6.000 giorni, dai 422 a Treviso ai 6.236 di Napoli, pari a oltre 16 anni. Se un processo durasse quanto uno tedesco, si guadagnerebbero posti di lavoro, mille euro di reddito pro-capite ed effetti positivi sull’erogazione del credito”. Ovviamente per far pronte a questa problematica ci doveva e ci dovrebbe essere una mobilitazione soprattutto degli avvocati dell’Unione nazionale Amministrativi il cui presidente nazionale è l’avv. Mario Sanino, naturalmente questo discorso vale anche per l’Unione Nazionale delle Camere Civili,

Sanino

il cui presidente è l’avv. Antonio de Notaristefani di Vastogirardi. Ma tutto questo è davvero solo colpa della politica o degli “altri”?

Avvocato Scalone, no!

Ritengo che l’Avvocatura che, nel corso degli anni ha dato tanto ed ha annoverato tra le sue fila uomini illustri, impegnati anche in politica, dove hanno molto battagliato, da un pò di tempo ha imitato i parlamentari che, all’inizio degli Anni Venti, si ritirarono sull’Aventino, aprendo le porte alla dittatura.

Per la verità, adesso non si sa dove sono, ma un fatto è certo: una “mini” minoranza della magistratura ( i circa 400/500 di cui parlavo prima)  ha straripato, mettendo nel sacco: la Politica, l’Avvocatura e la stragrande maggioranza della Magistratura stessa. I fatti di questi ultimi tempi dimostrano che davvero “un pugno di magistrati” ha governato davvero tutto, attraverso posti di comando strategici. La riprova è di questi giorni:  agli errori ed ai valori sociali sono state contrapposte polemiche anche in Tv, con una denuncia di un incontro e di “un fatto a due” che porta un ritardo di due anni. Perché adesso?  Ma qual è stato il vero contenzioso del polverone alzato? Qualcuno, malignamente, ipotizza un mancato “posto  al sole” di circa 300 mila euro all’anno. Davvero è questo il vero motivo? E la politica e l’avvocatura, in tutto questo, cosa hanno detto o dicono? Quale iniziative hanno preso o voglio intraprendere, per evitare in futuro tutto questo?

L’Avvocatura deve riscoprire il suo passato, recuperando i suoi valori e le sue battaglie: per la giustizia, la cultura, la democrazia e la solidarietà sociale.

I valori dell’Avvocatura sono stati tanti e gli uomini che hanno ben dimostrato il loro peso sono tanti. Solo per ricordarne qualcuno, affinché anche i giovani e i giovanissimi, a distanza di anni, lo possano ricordare: il nostro primo Presidente della Repubblica Enrico De Nicola  è stato un grande avvocato, un giurista dei più eccelsi, un costituzionalista ed anche un grande Uomo di Stato.

Occorre rileggere il passato e cercare di capire perché l’avvocato Enrico De Nicola, una volta eletto Presidente della Repubblica, abbia chiuso lo studio che aveva a Napoli, in affitto, rifiutando la scorta ed altri privilegi. Quando giunse a fine mandato, si ritrovò, a causa della sua estrema probità, con le sue  finanze private ridotte  al lumicino. Cesare Merzagora disse di lui : “Era di una signorile povertà che avrebbe nascosto allo stesso modo della ricchezza, qualora l’avesse avuta.” Enrico De Nicola ha lasciato nella storia repubblicana una profonda traccia di sé. Quanti altri settori della nostra Italia e della nostra società possono vantare altrettanto? Quindi, partendo da fatti concreti, l’Avvocatura deve ricominciare a tirare fuori gli attributi e far capire a chi decide che così non va.

L’autogoverno del CSM, così come va avanti ed ha lavorato nel corso degli anni, non va bene. Da qualche anno sta dando il peggio di sé, per questo va riformato e, con esso, tutta l’organizzazione della giustizia.

Tortora

Il caso di Enzo Tortora non è bastato per voltare pagina, ma fatti simili si sono ampiamente ripetuti, nel corso degli anni. Tutti coloro che costruirono quel “mostro giuridico”, non hanno pagato, ma addirittura sono stati promossi continuamente, al punto che sono andati in pensione, con il livello massimo di carriera. Ovviamente, il “mostro giuridico” fu costruito anche con un atteggiamento non professionale di tanti giornalisti che resero verosimile ogni cosa e gran parte non fecero il loro mestiere di cronisti e direttori responsabili, ma fecero il peggio, forse, di tutti i tempi, assoggettando la loro  professionalità alle veline della Procura di Napoli.

L’Avvocatura italiana e la politica, in quell’occasione, cosa fecero? Cosa dissero? Non misero, forse, la testa sotto la sabbia? Lo strapotere iniziale di taluni magistrati invincibili, nel silenzio assordante della società ed anche di altri corpi dello Stato, ha condizionato tutto: non solo il corpo sano della magistratura, ma ha determinato l’idea che bastava organizzarsi, anche in un piccolo “gruppo oligarchico”  che rispetta, nel corso degli anni, la ciclicità, pianificando il tutto per essere invincibili e infallibili, per poi giocare sulle paure degli altri: colleghi magistrati, avvocatura, politica, altre parte dello Stato. Qualche tempo fa, ho letto uno sfogo di un giovane avvocato che, più o meno, si può sintetizzare così: << Sono drammaticamente deluso della mia professione. Ho visto colleghi che entrano in Tribunale in punta di piedi, con una sorta di timore reverenziale, convinti che quello non è un luogo per la GIUSTIZIA,  dove a governare è la dea  Iustitia, ma un luogo dove non bisogna disturbare il “guidatore”, ma soprattutto l’intero apparato, fatto, spesso, di una cattiva direzione e tante falle,  ad incominciare proprio da certi magistrati o personale di cancelleria che si ritengono “padroni del vapore” e, per questo, non lo ritengono per niente un luogo sacro>>.

Di fronte a tutto questo, mi chiedo: gli avvocati possono fare qualcosa?

Sicuramente, sì!

Per incominciare, occorre incalzare e controllare il proprio lavoro e quello degli altri che compongono il mondo della Giustizia”, ciò per arrivare al pieno  rispetto delle leggi e delle norme che regolano la nostra società. Ovviamente, bisogna partire dagli avvocati e dai loro ORDINI professionali, quindi al via un’iniziativa del presidente f.f. del Consiglio Nazionale Forense, avv. Maria Masi, che dovrebbero essere compatti, rapidi e tempestivi a denunciare chi non si attiene alle regole deontologiche, prendendo a “calci nel sedere” anche chi si presenta davanti ad un magistrato con il cappello in mano.

E, poi, aiutare i cittadini a capire davvero come è organizzata e funziona la giustizia, come si spendono i soldi, come si organizzano gli uffici; insomma, “spandere il lenzuolo al balcone per farlo diventare bianco”. Naturalmente, non dico che gli avvocati devono fare  i “carabinieri” o i “pompieri”, ma riprendersi il ruolo di difensore del diritto, che significa anche vigilare e cogliere le occasioni giuste, per rendere partecipi i cittadini di un sistema da riformare.

Occasioni, per dire la propria, ce ne sono. Poi bisogna sfruttare bene i mass media che non mancano mai e sono sempre sull’uscio. Quale evento migliore della cerimonia dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, presso la Corte di Cassazione, e presso i distretti di Corte d’Appello? In quella occasione, l’AVVOCATURA non potrebbe sfruttare la tribuna per dire davvero la sua? Non potrebbe cogliere queste occasioni per fare il punto sulle riforme, nel settore penale e civile, dell’anno passato?

Quale momento migliore, per sviscerare la funzionalità degli uffici?

Insomma, l’avvocatura non deve solo chiedere, ma agire, se davvero vuole avere un ruolo forte nel “mondo della Giustizia”,  rendendo partecipe sempre e comunque la collettività che del “tempio sacro”   sa poco o niente, per cui  una svolta del genere metterebbe a “nudo il re”: chi davvero governa in Tribunale.

Da sinistra: Di Vitale, Scarpinati, Lo Voi

In questo modo, la burocrazia assumerebbe, nel corso del tempo, un atteggiamento diverso, perché le responsabilità diventerebbero individuali e non più di “massa” o generiche. Parliamoci chiaro: nessuno è masochista a tal punto, da voler finire nella gogna dei mass media. E poi bisogna tener conto che la stragrande maggioranza della magistratura, solo qualche decimale sotto il 100% opera sottacque melmose, come hanno dimostrato e  dimostrano i fatti quotidianamente dell’impegno anche dei magistrati palermitani il cui vertice, oggi, è composto dal Presidente del Tribunale, dott. Salvatore Di Vitale, dal Procuratore Generale, dott. Roberto Scarpinati e dal Procuratore Capo, dott.  dott. Francesco Lo Voi, non condivide quella loro stessa politica, per cui occorre lavorare su questo.

Ma chi lo fa? Chi mette insieme i cocci delle “mostruosità”?

Un tempo ( prima del nuovo codice del 1988) ai giudici era proibito comunicare e, quindi, sfioravano l’anonimato ed erano lontani dalla vita politica e sociale. Erano in molti ad essere convinti che tra i giudici e la politica ed anche con  la società, non ci doveva essere nessun contatto. In parole povere, il concetto era: «I giudici parlano solo con le loro sentenze». In definitiva, il distacco dei giudici dai conflitti sociali era la garanzia della loro apoliticità ed imparzialità.

Poi, a metà degli Anni ’60, con la  nascita della corrente di “Magistratura democratica”, all’interno dell’Associazione Nazionale Magistrati, le correnti diventano una realtà operativa: Magistratura indipendente, Terzo potere e Magistratura democratica. In tutta questa evoluzione della magistratura, in correnti e potere, l’avvocatura e la stragrande maggioranza dei magistrati lasciavano fare, al punto che si indebolivano sempre di più. La politica faceva ancora peggio, per cui un gruppo di magistrati decideva e, forse, ancora decide, il “governo” di tutto il sistema socio-politico di un’intera nazione.

In tutto questo, l’avvocatura è finita per essere nella totale anarchia ed isolamento, ma anche la politica non è andata meglio, per cui ha ridotto sempre di più il suo ruolo di punto di riferimento della democrazia, dando, spesso, regole sbagliate o in ritardo, creando sfiducia nei cittadini. Non a caso, oggi, sono le minoranze che  governano, perché, molte volte, i cittadini non vanno proprio a votare, per la sfiducia che si è creata. Abbiamo, quindi, che spesso anche più del 50% degli elettori se ne stia a casa,  per cui un sindaco viene eletto, al secondo turno, anche con il 20/25% di cittadini aventi diritto al voto. Con “leggi con limiti democratici”, per non dire sbagliate, succede che al nuovo “ condottiero ”  venga consentito di governare tutto.

E guai a chi disturba il Manovratore.

Caro avvocato Scalone, mi pare che, nel corso dei secoli, i Siciliani, di tanto in tanto, al momento giusto, si siano saputi ribellare. I “Vespri siciliani”,  oggi, potrebbero “accendere la miccia” su di un  PROGETTO per la GIUSTIZIA, questa volta, rivolto a tutta l’ITALIA.

Anno 2020: l’AVVOCATURA palermitana  punta ad una “rivoluzione” che va da “PALERMO a TRIESTE”, passando per ROMA.

Immordino con parte del Consiglio dell’Ordine di Palermo

Egregio Avvocato,

ho voluto esporre qualche mia idea,  per poi pensare eventualmente ad un suo intervento o a  quello di altri suoi colleghi, ad incominciare dal Presidente dell’Ordine, da pubblicare, per adesso, sito dell’Unione Paneuropea dei Giuristi e del giornale online “il Sud”Mezzogiorno d’Italia.

In attesa di  riprendere il “Progetto Giustizia”, con una pubblicazione cartacea per l’intero Paese. Grazie dell’attenzione, cordialità

Dott. Nicola Nigro

Allegato 1 – dichiarazione presidente Presidente avv. Palermo

Allegato 2 – lettera associazioni_Palermo.jpg

Per l’invio di commenti, articoli o interventi in merito:

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